Il Vaticano
4. LE ORIGINI DEL CATTOLICESIMO
Quando ci chiediamo che cosa sia e come si sia formato il cattolicesimo nella forma romana, bisogna anzitutto riconoscere che esso non si è costituito d’un tratto e che risulta complesso spiegare come sia venuto storicamente formandosi (e trasformandosi) sino a raggiungere lo stato attuale. È quindi assai difficile attribuire una data precisa all’inizio del cattolicesimo. Si deve piuttosto parlare di tendenze, di acquisizioni di potere (spirituale, politico ed economico) che spesso si allungano nel tempo e nella lunga durata delle strutture sociali e delle forme mentali. Se ne deve, perciò, descrivere l’origine e lo sviluppo facendo leva su larghi blocchi che si configgono nella storia umana e che manifestano gradualmente
i caratteri peculiari del cattolicesimo romano. Solo per comodità, e con tutta l’arbitrarietà insita in ogni periodizzazione storica, sud-divideremo la nostra breve analisi nei seguenti due semplicissimi blocchi: la Chiesa dalla morte degli apostoli a Costantino; la Chie-sa da Costantino ad oggi.
– La Chiesa dalla morte degli apostoli a Costantino.
La Chiesa di Cristo nasce a Gerusalemme, intorno al 30 d.C. Dal 30 al 100 circa, essa, sotto la guida degli apostoli di Gesù, comincia a diffondersi nel mondo greco-romano facendo perno su di una struttura esclusivamente locale. Non esistono centri di potere. Ogni Chiesa locale è sorvegliata da un collegio di anziani o vescovi o pastori (1Tm 3:1ss; Tt 1:5ss; At 14:23). Non esistono (ancora) né il Papa (greco: pàppas, “padre”) né il vescovo monarca sugli altri vescovi all’interno della Chiesa locale. La Chiesa di Roma, della cui origine nulla può dirsi di certo, è solo una delle decine di chiese disseminate nell’Impero.
Fino all’ascesa di Costantino (303-337) al trono imperiale, le chiese rispettano, grosso modo, la struttura gerarchica episcopale, vale a dire sono soggette al vescovo (episcopato monarchico). Ma, come abbiamo visto, il governo del vescovo unico sugli altri vescovi costituisce già un’alterazione evidentissima rispetto all’originario modello di governo delle Chiese di Cristo primitive, che è un mo-dello basato, come già detto, su di una pluralità di vescovi.
– La Chiesa da Costantino ad oggi.
Dopo aver conquistato il potere a prezzo di durissime lotte, Costantino, il primo imperatore romano ad appoggiarsi decisamente alla Chiesa, si preoccupa della confusa situazione religiosa del suo tempo e tenta di risolvere la crisi causata dall’arianesimo convocando il primo concilio ecumenico, quello di Nicea del 325.
I successori di Costantino, tranne Giuliano l’Apostata (331-363), seguiranno le orme del loro avo, aboliranno progressivamente ed ufficialmente il paganesimo, eleveranno la Chiesa al rango di interlocutrice primaria per il benessere spirituale dei sudditi.
La Chiesa stessa, forgiata nel crogiolo delle persecuzioni precostantiniane, ha acquisito con il tempo capacità e mentalità tali da soppiantare il paganesimo morente e da porsi quale validissima alternativa al secolare e indebolito potere statale.
La Chiesa di Roma può vantare una dirigenza abile, che ha modellato la propria struttura su quella dell’Impero. I preti romani sanno leggere e scrivere con proprietà, sanno contabilizzare l’immenso patrimonio fondiario della Chiesa, risultato dei munifici lasciti dei ricchi credenti, sanno, in altre parole, porsi laddove lo Stato non riesce più ad arrivare. Il vecchio mondo imperiale romano è morto. Esso dà origine ad una realtà diversa, nella quale la Chiesa riesce ad incunearsi efficientemente, sostituendo le tradizionali autorità governative. Se un periodo di tale evoluzione può indicarsi orientativamente quale simbolo di un potere non più spirituale ma anche e soprattutto politico, questo è il periodo del monaco Gregorio Magno (590-604), proveniente da antica e ricca famiglia patrizia.
Con Gregorio, il cosiddetto “console di Dio”, la Chiesa romana assume davvero il controllo dell’Urbe, ove le antiche strutture imperiali, debolmente sostenute dai Bizantini, crollano. Con Gregorio, la Chiesa romana si preoccupa letteralmente della sopravvivenza dei pochi cittadini romani, soggetti alla pressione dei temibili Longobardi, ancora ariani.
V’è di più: lo stesso Gregorio promuove la cristianizzazione degli Anglosassoni presso i quali invia Agostino di Canterbury (596). Così facendo egli introduce l’influsso del cattolicesimo romano in zone allora vergini. Da Gregorio in poi la Chiesa ha spalancate dinnanzi a sé le porte del potere. L’antico, splendido, raffinato mondo romano è solo un pallido ricordo. La società europea si ritrae su se stessa in attesa di tempi migliori, i quali verranno quattro secoli più tardi, dal Mille in poi.
In questo torno di tempo, la Chiesa acquisisce un potere spirituale e politico immenso.
S’è detto che dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, la Chiesa si pone quale unico punto fermo per salvaguardare l’ordine economico, sociale, politico. La Chiesa si appropria i valori del mondo classico e li trasmette all’Europa imbarbarita. Nel periodo franco, con Carlo Magno (che muore nell’814), essa comincia ad esercitare da sola, senza il concorso dei rappresentanti bizantini, un’azione di governo sul cosiddetto “Patrimonio di S. Pietro” (Pa-trimonium S. Petri), corrispondente pressappoco al Lazio attuale (il Patrimonium S. Petri è il nucleo iniziale del futuro e più vasto Stato Pontificio o Stato della Chiesa, successivo al XIII secolo, Sta-to che taglierà orizzontalmente l’Italia in due parti fino al 1870).
Nella Chiesa d’epoca medievale si è ormai insediato, saldamente al vertice, il vescovo di Roma, il pontefice, la cui elezione, a par-tire dal 1059, viene affidata ai cardinali, con la parallela sottrazione del potere vescovile all’influenza dei fedeli e dei signori.
Contro l’Impero germanico, che costituisce il secondo polo di attra-zione dell’epoca medievale sino all’avvento di Stati nazionali come Francia e Inghilterra, la Chiesa non solo ribadisce la propria autonomia rispetto al potere civile, ma passa addirittura al contrattacco: è la celebre lotta per le investiture (che si situa nel complesso mondo feudale e che si riferisce alla consuetudine invalsa allora, da parte d’imperatori e re, di conferire ai vescovi l’investitura di monasteri e di chiese, rendendoli pertanto loro sottoposti, ossia vassalli).
La Chiesa ne esce vincitrice, nel 1122, grazie al concordato di Worms.
Nel frattempo, però, l’affermarsi di Stati nazionali quali la Francia e l’Inghilterra sollecita il problema della libertà di tali stati dalle aspirazioni politiche dei Papi, aspirazioni che, con Bonifacio VIII (1294-1303), raggiungono l’apice. Siamo nel fulgore della teocrazia pontificia. Ma proprio a partire da questo periodo ha ini-zio la lentissima fine del potere temporale dei papi, che, attraverso la Riforma, l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, viene sancita circa sei secoli più tardi dalla conquista di Roma (20 settembre 1870) da parte del neonato Regno d’Italia. Oggi le cose stanno, in seno al cattolicesimo, come ben sappiamo. Il Papa è monarca indiscusso, è il vero capo della Chiesa Cattolica Romana, che decide ciò che si deve o non si deve fare, quel che è bene o è male.
Il prete che provasse nella sua parrocchietta a cambiare le cose, non conta assolutamente niente: in fin dei conti, chi conta risiede a Roma, da dove governa il mondo spirituale cattolico, e non solo cattolico. Da ultimo, si noti come, nei momenti di crisi del papato, abbia fatto (e continui) inutilmente a fare capolino la vecchia teoria della superiorità dei vescovi (“conciliarismo”) sull’autorità del papa.
5. CONCLUSIONE: POVERO CRISTO!
Ma Cristo, in fin dei conti, che cos’ha da spartire con tutto questo mondo descritto, con le lotte politiche, con il potere temporale della Chiesa? Sarebbe certo un Dio poco intelligente, contraddittorio, il Cristo della Bibbia, se davvero la Chiesa Cattolica Romana fosse la sua emanazione. Come può essere Cristo rappresentato da questa Chiesa? È più che lecito dubitarne.
FINE
A.C. 03/2008
Piccola biografia dell'autore:
A.C. ha contribuito con centinaia di articoli a giornali di educazione biblica.
E' stato editore di due testate.
E' laureato in lettere antiche con specializzazione nello studio delle lingue e della storia del vicino Oriente Antico,e fine conoscitore del greco biblico.
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